Pagine

lunedì 28 aprile 2014

Ultracinquantenni in azienda


Ed ecco un'altra notizia che fa riflettere sul fantastico mondo dell'azienda.
In questo caso ciò che è davvero assurdo sono tutte le discriminazioni che di fatto le aziende, e soprattutto le agenzie di selezione, mettono in atto in fase di reclutamento: in questa delicata circostanza si concentrano di fatto sugli aspetti esteriori, età, sesso, stato civile, per effettuare le scelte che non sono in grado di fare valutando esperienze, competenze e attitudini in maniera distaccata r oggettiva, anche se in realtà proprio questo dovrebbe essere il loro mestiere.
E quindi arriviamo alla necessità di dovere intervenire con strumenti legislativi per fare attuare regole di buon senso: in altri paesi addirittura vietano ai reclutatori di chiedere la data di nascita, mentre nelle aziende in Italia, l'età è la prima cosa che viene indicata negli annunci, prima di ogni altra cosa (di fatto operando una discriminazione per cui non protesta nessuno).

giovedì 17 aprile 2014

Inglesismi inutili



Gira in rete questa notizia, che è una reazione sui neologismi inglesi inutili, e non posso non segnalarla, visto che ne avevo parlato per l'ambiente aziendale dove l'uso dei neologismi inglesi addirittura inventati o ibridati raggiungeva l'apice.
L'idea della lista che contenesse anche le possibili alternative viene da questo blog e mi sembra un'iniziativa assolutamente encomiabile: perchè è sicuramente vero che...

E dunque sì, potete dire in itangliano: “Giuseppe, facciamo asap un meeting per un fine tuning della customer satisfaction. Prepara i file, trova la location giusta, organizza un quick lunch e cominciamo lo show”.
Ma potreste anche dire in italiano: “Giuseppe, facciamo subito una riunione per una messa a punto del servizio clienti. Prepara i documenti, trova il posto giusto, organizza un pranzo veloce e cominciamo lo spettacolo”. Magari Giuseppe capisce anche meglio di che si tratta. E, magari, il pranzo veloce risulta più gustoso del quick lunch - See more at: http://nuovoeutile.it/dire_in_italiano/#sthash.hYMpCcZV.dpuf
Potete dire in itangliano: “Giuseppe, facciamo asap un meeting per un fine tuning della customer satisfaction. Prepara i file, trova la location giusta, organizza un quick lunch e cominciamo lo show”.
Ma potreste anche dire in italiano: “Giuseppe, facciamo subito una riunione per una messa a punto del servizio clienti. Prepara i documenti, trova il posto giusto, organizza un pranzo veloce e cominciamo lo spettacolo”. Magari Giuseppe capisce anche meglio di che si tratta. E, magari, il pranzo veloce risulta più gustoso del quick lunch.
Ma potreste anche dire in italiano: “Giuseppe, facciamo subito una riunione per una messa a punto del servizio clienti. Prepara i documenti, trova il posto giusto, organizza un pranzo veloce e cominciamo lo spettacolo”. Magari Giuseppe capisce anche meglio di che si tratta. E, magari, il pranzo veloce risulta più gustoso del quick lunch. - See more at: http://nuovoeutile.it/dire_in_italiano/#sthash.hYMpCcZV.dpuf potreste anche dire in italiano: “Giuseppe, facciamo subito una riunione per una messa a punto del servizio clienti. Prepara i documenti, trova il posto giusto, organizza un pranzo veloce e cominciamo lo spettacolo”. Magari Giuseppe capisce anche meglio di che si tratta. E, magari, il pranzo veloce risulta più gustoso del quick lunch - See more at: http://nuovoeutile.it/dire_in_italiano/#sthash.hYMpCcZV.dpuf
E dunque sì, potete dire in itangliano: “Giuseppe, facciamo asap un meeting per un fine tuning della customer satisfaction. Prepara i file, trova la location giusta, organizza un quick lunch e cominciamo lo show”.
Ma potreste anche dire in italiano: “Giuseppe, facciamo subito una riunione per una messa a punto del servizio clienti. Prepara i documenti, trova il posto giusto, organizza un pranzo veloce e cominciamo lo spettacolo”. Magari Giuseppe capisce anche meglio di che si tratta. E, magari, il pranzo veloce risulta più gustoso del quick lunch - See more at: http://nuovoeutile.it/dire_in_italiano/#sthash.hYMpCcZV.dpuf

lunedì 14 aprile 2014

Lavorare meno: esperimento a Goteborg


Ma guarda un pò che notizia sul Corriere!
Ma allora non è vero che passare tanto tempo in sede al lavoro sia un segno di produttività!
E forse invece è vero che aumentare il tempo trascorso in ufficio serve solo per scopi propagandistici.

P.S. La notizia è rimbalzata anche su altri siti, fra cui quì, dove ci sono maggiori particolari: l'esperimento non è solo volto ad aumentare la produttività, ma soprattutto ad aumentare il benessere sociale senza diminuire la produttività. E questo ritengo che sia il vero scopo che dovrebbero avere le politiche del lavoro: dovrebbero cercare di aumentare il benessere delle persone e della società in generale, ma di questo aspetto ce ne siamo quasi dimenticati, soprattutto in azienda.
Ma avremo modo di tornare su questo argomento.

giovedì 10 aprile 2014

Un anno di cronache aziendali

 

Quasi dimenticavo.
Oggi questo blog compie un anno.
Quando l'ho cominciato non pensavo che sarebbe durato così a lungo e invece il simpatico mondo aziendale mi fornisce sempre nuovi spunti per post critici, ironici o sconsolati e per di più qualche lettore ha voluto partecipare scrivendo post sulle loro esperienze aziendali e di questo sono molto contento.
E quindi non resta che continuare ad esplorare e documentare il fantastico mondo dell'azienda: secondo me un altro anno lo si riempie tranquillamente, soprattutto se qualche altro lettore vuole raccontare la sua....

Essere madri in azienda


Ultimamente ho letto due bei post su due blog che seguo, che si riallacciano a quello che avevo scritto qualche settimana fa. Mi ha colpito soprattutto il primo, che parla della condizione delle madri in azienda, con poche righe che raccontano casi concreti.
Ovviamente questa condizione, come purtroppo ben sappiamo, è difficile in ogni contesto lavorativo, soprattutto quelli caratterizzati dal precariato dilagante, ma ciò che è ancora più grave è che in azienda, anche per posizioni di livello medio e a tempo indeterminato, le madri vengono pesantemente discriminate e a volte anche sottoposte a forme di mobbing, come è descritto bene nel post.

"Di è un poco più grande di me, i suoi figli sono cresciuti in fretta e ormai sono più alti di lei. Quando erano piccoli ha barattato per sempre ferie, aumenti e dignità per un’ora di lavoro in meno ogni giorno, un’ora in più da passare con i suoi bambini. È circondata da maschi che aspettano da quasi quindici anni che lei si scusi per le sue gravidanze. Gli stessi che, al rientro dalla seconda maternità, le fecero sparire la sedia e la scrivania dietro la quale lavorava. Giusto per essere chiari. Per essere sicuri che non osasse riprovarci una terza volta.
C’è Gi, che lavora per una grande azienda. Ha una pausa pranzo interminabile e una figlia piccola che resta al nido fino a tardi. La flessibilità non esiste, quando servirebbe per rientrare a casa prima del calar del sole e correre al parco con la tua bambina per mano. Gi esce di casa molto presto al mattino e rientra quando ormai è buio. Prendere o lasciare, un’altra strada non c’è."

E io posso aggiungere la storia di A. che era una dipendente di livello direttivo in una grande azienda in cui ho lavorato e che viaggiava molto per lavoro all'estero. Quando ha avuto la seconda figlia e ha chiesto di avere un ruolo che le consentisse di stare di più in sede le è stato proposto in cambio di dimettersi e essere riassunta con un livello più basso ed è stata per molti anni emarginata con ruoli molto più bassi di quello che aveva: tutto perchè si era permessa di avere due bambine a distanza ravvicinata.

Purtroppo questa è una semplice conseguenza della mentalità che impera in azienda e di cui parlo in questo blog: nelle aziende, specialmente in Italia, si viene misurati sulla base della disponibilità, della presenza fisica, del numero di ore dedicate al lavoro e sulla completa separazione fra vita lavorativa e tutti gli altri ambiti della vita (affetti, relazioni, compiti sociali, passioni….): non viene concepito che questi ambiti si possano mischiare o che si possa lavorare efficacemente in molti ruoli e in molte occasioni anche senza essere presenti fisicamente in un certo luogo in certi orari.
Ovviamente aderire a questa mentalità vuol dire mettere tutto in subordine alla vita lavorativa che peraltro più si sale nella carriera e più diventa ingombrante. In una simile situazione, in azienda, quelli che fanno carriera devono rinunciare spesso alla vita famigliare o a quella di relazione o almeno devono essere disposti a penalizzarla fortemente: di solito gli uomini sono più propensi a fare questo, anche perchè forse un uomo può adempiere al proprio ruolo sociale, per tradizione o per vocazione non so, anche mettendo al primo posto il lavoro. Io credo invece che sarebbe ora di cambiare questa mentalità e poter mischiare i vari ambiti senza penalizzarli, anche perchè oggi ce ne sarebbero i mezzi: se le cose però rimangono come sono, penso che sia meglio che una donna rinunci a fare carriera in azienda, piuttosto che snaturarsi ancora di più di come fa un uomo.
Credo che sia un prezzo troppo alto e io stesso non ho mai accettato di pagarlo.

Quanto è lontana la mentalità di un'azienda "diversa" di cui avevo parlato in uno dei primi post, e che al contrario facilita e incoraggia la vita relazionale dei propri dipendenti e soprattutto dei genitori!

“Una cosa assolutamente non volevo che cambiasse, anche se eravamo costretti a fare le cose seriamente: il lavoro doveva essere un divertimento per tutti, tutti i giorni.
Tutti dovevano venire al lavoro a piedi e fare le scale due alla volta, avevamo bisogno di essere circondati da amici e tutti dovevamo poter indossare quello che li pareva e anche stare scalzi; tutti avevano bisogno di orari flessibili per poter andare a fare surf quando c’erano le onde giuste o a sciare quando c’era la neve, o poter stare a casa ad accudire un bambino con l’influenza.
Dovevamo rendere meno netta la divisione tra lavoro, divertimento e famiglia.
Su insistenza di Malinda istituimmo anche un asilo nido in sede: la vicinanza dei bambini che giocavano in cortile e pranzavano coi genitori aiutava a mantenere l’atmosfera generale molto più familiare che corporativa e inoltre sappiamo che i genitori sono più produttivi se non sono preoccupati per i loro figli: pensiamo che le scelte che molte persone che lavorano fanno e che contrappongono la carriera alla famiglia, di fatto non dovrebbero esistere.”

mercoledì 2 aprile 2014

Il tempo per la felicità




In rete sta girando una iniziativa molto bella e interessante e che trovo molto in tema con molti post in questo blog.
Si tratta di una sfida a testimoniare la propria felicità per 100 giorni di seguito, concentrandosi nel trovare questi momenti nella propria vita e dedicando quindi tempo a tutto ciò. Perchè la tesi è che le persone oggi siano meno felici perchè più occupate a dimostrare di essere indaffarate per potersi dedicare a questi momenti di soddisfazione personale.
E' esattamente quello che più volte è stato descritto in questo blog.

Vi segnalo il link di questa iniziativa, quindi, perchè la trovo molto siginificativa e riporto quì un estratto

Sei capace d'essere felice per 100 giorni di fila?
Non hai tempo, vero?

Ma che dici?!
Viviamo in un'epoca in cui avere un'agenda piena è diventato qualcosa di cui vantarsi. mentre la vita diventa sempre più frenetica, abbiamo sempre meno tempo per approfittare del momento presente. Per ogni essere umano, La capacità di apprezzare se stessi nel momento e nell'ambiente circostante in cui ci si trova è il primo passo per raggiungere uno stato di felicità duratura.