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sabato 4 maggio 2013

Cultura e azienda: un ossimoro moderno






Vi sarà capitato sicuramente di incontrare professionisti in vari settori e di solito, soprattutto fra quelli che sono più avanti nella carriera, si trovano sovente persone con un alto grado di cultura, che spesso hanno nella loro formazione studi classici, umanistici o artistici e sono in grado di parlare di molti argomenti e amano spaziare in vari campi. Anzi si può dire di più, di solito un professionista, in ogni campo, più è affermato e più può permettersi di staccarsi dalle attività più contingenti ed è per questo maggiormente propenso a riflessioni di più alta levatura. Questo e'evidentemente manifesto nel momento in cui si ha modo di conversare con qualcuna di queste persone e si nota subito che la conversazione si può staccare molto velocemente da argomenti prettamente lavorativi e spaziare su temi di politica, letteratura, musica o teatro, o comunque anche nel corso di argomenti più tecnici questo substrato culturale emerge continuamente sotto forma di citazioni, rimandi, allusioni o modi di ragionare.

Inutile invece nascondersi che ciò non avviene in azienda dove i dipendenti quanto più salgono lungo la scala gerarchica e tanto più sono stritolati in una prigione di convenzioni, riunioni e impegni formali dove riflessioni e astrazioni che siano appena un po' più in alto dell'operativita' contingente devono essere rifuggite con la maggior determinazione possibile.
Va da se che non esiste nulla che l'azienda possa disprezzare piu' della cultura, che per definizione non ha alcuna utilità a corto raggio. Ovviamente i quadri e i dirigenti si uniformano molto velocemente a questa calma piatta intellettuale, vuoi perché anche le persone che hanno una formazione umanistica nel loro passato ben presto sono condotte dall'ambiente a mascherarla o vuoi perche' in un ambiente che scoraggia cosi' fortemente ogni minima divagazione dal tema principale anche i piu' portati finiscono per dimenticare del tutto la loro propensione iniziale.
Ciò non dovrebbe sorprenderci, perché di fatto e' la conseguenza del tutto naturale dell'estrema povertà dell'universo intellettuale in cui si opera in azienda.

Quindi in conclusione, gli alti dirigenti per primi, e poi via via tutti i dipendenti nella scala gerarchica, amano ribadire quasi con soddisfazione di non avere il tempo di leggere un libro di Hemingway o di Garcia Marquez, di assistere a un balletto di Tchaicowsky, di ascoltare un concerto di Mozart, o di vedere un film di Fellini.
Proprio no: sono stracarichi. Stra-ca-ri-chi, vi dicono.
Ma di cosa? Beh di impegni.
E di che impegni sono stracarichi? Beh, di riunioni.
A organizzare il lavoro loro e quello degli altri.
Ma questi altri non dovrebbero forse essere proprio quei collaboratori autonomi, indipendenti e "proattivi" che emergono dagli annunci delle società di selezione? E se queste persone sono davvero così responsabili, tutto ciò non dovrebbe impedire di trovare il tempo di leggere Guerra e pace, opera in cui si può apprendere molto, sulla natura umana e sui limiti delle ambizioni.
Ci sarebbe davvero da domandarselo....


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